La storia che ora Venturi ci racconta in Romanzo reale è un affresco dell’Italia di oggi, quella della crisi economica. E forse di quella di domani. Con tutte le sue contraddizioni e sfaccettature, con gli egoismi e le ingiustizie che sembrano sempre prevalere e i piccoli eroismi quotidiani di chi lavora e fatica ad arrivare alla fine del mese.
C’è qui l’Italia ma anche l’“altra Italia”, troppo spesso invisibile e sottaciuta. Il paese dei furbi, dei cinici, dei super ricchi, degli arrampicatori e quello del popolo, della “gente comune”, del mondo del lavoro e delle professioni, della resistenza morale di chi trova semplicemente naturale vivere secondo valori e principi di onestà e rettitudine. C’è qui l’Italia dei faccendieri e quella del volontariato. C’è l’Italia di Enrico e quella di Libero, quella di Samantha e quella di Sara, i personaggi del romanzo che rappresentano mondi che convivono quasi senza sfiorarsi. Inutile dire che Venturi sceglie di stare dalla parte dei vinti, dei sommersi, degli umiliati e offesi, ma soprattutto dei giusti.
...
Allora, la preoccupazione di Libero e di Sara non può che rappresentare quella di tutte le persone attente e oneste.
Dunque, questo libro ci parla di noi. E di loro. Perché la frattura tra due diversi paesi esiste e non serve negarla. Occorre ricucirla.
Questo mi pare il valore aggiunto del romanzo di Lauro Venturi: un contributo a comprendere che una maggiore giustizia sociale si raggiunge solo nella verità e nella consapevolezza. La proiezione “fantastica” della realtà che traspare da taluni telegiornali e da grandi media, diversamente, ci allontana sia dalla consapevolezza che dal ricucimento delle fratture sociali.
Neanche tanto paradossalmente, Romanzo reale ci dimostra così che è possibile fare informazione e produrre coscienza attraverso la letteratura, più di quanto non stiano facendo molti “addetti ai lavori”, vale a dire un sistema massmediatico che, come la classe politica, rischia di disancorarsi dal dato reale, e dunque dai propri compiti e doveri istituzionali.
C’è qui l’Italia ma anche l’“altra Italia”, troppo spesso invisibile e sottaciuta. Il paese dei furbi, dei cinici, dei super ricchi, degli arrampicatori e quello del popolo, della “gente comune”, del mondo del lavoro e delle professioni, della resistenza morale di chi trova semplicemente naturale vivere secondo valori e principi di onestà e rettitudine. C’è qui l’Italia dei faccendieri e quella del volontariato. C’è l’Italia di Enrico e quella di Libero, quella di Samantha e quella di Sara, i personaggi del romanzo che rappresentano mondi che convivono quasi senza sfiorarsi. Inutile dire che Venturi sceglie di stare dalla parte dei vinti, dei sommersi, degli umiliati e offesi, ma soprattutto dei giusti.
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Allora, la preoccupazione di Libero e di Sara non può che rappresentare quella di tutte le persone attente e oneste.
Dunque, questo libro ci parla di noi. E di loro. Perché la frattura tra due diversi paesi esiste e non serve negarla. Occorre ricucirla.
Questo mi pare il valore aggiunto del romanzo di Lauro Venturi: un contributo a comprendere che una maggiore giustizia sociale si raggiunge solo nella verità e nella consapevolezza. La proiezione “fantastica” della realtà che traspare da taluni telegiornali e da grandi media, diversamente, ci allontana sia dalla consapevolezza che dal ricucimento delle fratture sociali.
Neanche tanto paradossalmente, Romanzo reale ci dimostra così che è possibile fare informazione e produrre coscienza attraverso la letteratura, più di quanto non stiano facendo molti “addetti ai lavori”, vale a dire un sistema massmediatico che, come la classe politica, rischia di disancorarsi dal dato reale, e dunque dai propri compiti e doveri istituzionali.